giovedì 30 aprile 2020


MUOVERE NELLA TECNOLOGIA MEDIEVALE E MODERNA

#step12

Francesco di Giorgio

Francesco di Giorgio nell’ “Opusculum de architectura” riporta una serie di disegni di macchine per sollevare e spostare pesi.



Inoltre nel suo testo “Edifici et machine” disegna macchine e dispositivi per il sollevamento di colonne e altri pesi pesanti, meccanismo per la fresatura e la movimentazione di imbarcazioni.




Francesco di Giorgio nel capitolo “Lieve di ruote e mulini”, del “Codice Torinese Saluzziano” afferma che i mulini per “furia d’acqua” sono quelli che sfruttano l’energia cinetica della corrente. Essa, accelerata dalla presenza di un salto e incanalata in un condotto, urta sulle pale con elevata velocità. La variazione di quantità di moto della corrente fluida fa nascere sulla palettatura la forza propulsiva.

Domenico Fontana e la Trasportazione dell’obelisco vaticano

Vorrei inoltre ricordare la Trasportazione dell’obelisco vaticano che è una delle più importanti opere di ingegneria eseguite durante il pontificato di Papa Sisto di V.

L'opera, che ebbe inizio mercoledì 25 settembre 1585, fu preceduta dall'indagine di apposite commissioni che valutarono i vari progetti, quello di Domenico Fontana in un primo momento fu accantonato per la giovane età dell’architetto.

Per prima cosa fu eseguito uno scavo di 13 m di lato e profondo 7 per le opere di fondazione con palificata in legno e con pietrisco. Quindi fu costruito il “castello”. Si fabbricarono 44 canapi di 7 cm di diametro, 40 argani furono all’azione intorno al castello. Fu infine rinforzata l'armatura della cassa che proteggeva l'obelisco, dal peso di 350 t, con cerchiature di ferro.

Prima della trasposizione vera e propria furono eseguite varie prove su modelli in scala per verificare l'efficacia degli schemi di distribuzione delle forze nei vari punti di tiro.

Il 28 Aprile 1586, 907 uomini e 75 cavalli riuscirono ad adagiare l'obelisco in posizione orizzontale, quindi fu smontato il castello, per rimontarlo in piazza San Pietro. Fu preparato il letto su cui trasportare l'obelisco, per un tragitto di 250 m. Il 10 settembre dello stesso anno l'obelisco fu posto nel sito attuale di piazza San Pietro.  



George Bauer, noto come Giorgio Agricola


Nel “De re metallica” descrive molti macchinari come l’impianto di sollevamento di miniere. L’operatore, nella cabina di comando, azionando 2 leve, dirotta l’acqua del canale a una delle 2 ruote affiancate e quindi riesce a suo piacimento a invertire il senso di rotazione dell’argano.


Leonardo da Vinci

Nel “Codice Atlantico” e nel “Madrid I” numerosi sono i passi in cui Leonardo getta le basi scientifiche per la trattazione di una scienza idraulica.
Dal “De’ molini ed altri ordigni d’acqua”:
“Quell’acqua ch’è più veloce, più caccia la sua rota. Provasi, perché l’acqua ha più forza, dove ella fa più potente percussione, e dove è più veloce ella è più potente. […] L’acqua de’ molini deve percuotere le pale delle ruote in angoli retti; e questo nasce perché quella percussione sarà più potente, che sarà fatta infra angoli più eguali.”


Vittorio Zonca

Nel suo libro “Nove teatro di machine et edificii”, relativamente alla ruota scrive che: “Li molini adunque che sono mossi dal corso dell’acqua, et che spinge la circonferenza della ruota quando due over tre pale pescano nell’acqua, sono molto gagliardi sopra gli altri per la velocità del motore, perciochè hanno l’impulsione col moto del corpo grave, et verso il centro del mondo”


Vittorio Zonca, in un capitolo del “Teatro” rappresenta e descrive un torcitoio da seta mosso da una ruota idraulica: la ruota a palette è immersa in un canale in cui l’acqua scorre con notevole velocità. Dalla ruota il movimento si trasmette al piano dei torcitoi.



Per tutto il XVII secolo la tecnica idraulica registra migliorie piccole e continue, ma le macchine non si modificano mai in maniera sostanziale. Solo nel secolo seguente, con la formalizzazione della scienza idraulica, si fondano le basi per futuri progressi.



Fonti:

"Storia delle macchine" di Vittorio Marchis

venerdì 24 aprile 2020

RELAZIONE TRA MUOVERE E LA PANDEMIA COVID-19

#step11



Guardando al momento difficile che stiamo vivendo, penso che la pandemia Covid-19 rappresenti l’esatta negazione del mio verbo muovere.

Con la firma del Premier Conte sul Dpcm del 9 marzo 2020, (Link al testo del decreto: https://www.slideshare.net/Palazzo_Chigi/dpcm-9-marzo-2020) la maggior parte delle aziende, dei negozi e tutti i cittadini italiani si sono trovati costretti a cessare le proprie attività.

La vita quotidiana di tutti è cambiata adattandosi al decreto che impedisce tutti gli spostamenti non indispensabili. Il “movimento” è stato di fatto bloccato in tutte le sue sfaccettature: dai nostri spostamenti quotidiani per studio, per lavoro o per svago, ai movimenti delle macchine nelle catene di produzione delle fabbriche, fino ai trasporti su strada, via mare e via aerea.

Tuttavia, grazie alla tecnologia si sono creati dei “movimenti virtuali”, dei flussi di idee e comunicazione che hanno permesso di continuare a relazionarsi e a lavorare dalle proprie abitazioni.

Piazza Duomo a Milano prima e dopo la pandemia:



Mappa dello smog nel Nord Italia che certifica il drastico calo degli spostamenti:


Stazione centrale di Milano prima e dopo la pandemia:



martedì 14 aprile 2020


MUOVERE IN UNA SEQUENZA CINEMATOGRAFICA 

#step10

Per rappresentare il verbo muovere, ho scelto questa sequenza cinematografica tratta dal film Ben-Hur del 1959, diretto da William Wyler.



Questa scena è passata alla storia come la “corsa delle quadrighe”. Penso che rappresenti a pieno il verbo “muovere” sia inteso come muovere se stessi, sia inteso come muovere mezzi o oggetti.


Per realizzare questa scena la produzione del film fece costruire un circo fuori Roma. Il circo venne costruito sopra una distesa sabbiosa, sullo sfondo della quale era visibile in lontananza Roma. Lo spettatore che visiona il film, sullo sfondo del circo vede delle rupi e una città antica. Questo nuovo paesaggio venne inserito per mascherare la distesa sabbiosa e la Roma moderna.

Durante la corsa, Ben-Hur piomba su un carro fermo incidentato, viene sbalzato fuori dalla quadriga e proiettato verso i cavalli, rimanendo aggrappato per miracolo al veicolo.

Fonti:

Wikipedia

venerdì 10 aprile 2020


MUOVERE NELLE ARTI FIGURATIVE

#step9

Oggi intraprenderemo un viaggio nelle arti figurative alla ricerca delle opere che meglio rappresentano il movimento.

Il movimento trova la sua massima espressione nel Futurismo, la bicicletta è stata uno dei soggetti prediletti del Futurismo. Molti artisti sono stati ispirati dall'irresistibile dinamismo delle due ruote, tra cui Fortunato Depero, Enzo Benedetto, Umberto Boccioni e in Russia Natalia Goncarova che ha dipinto: "Il ciclista".



Inserisco anche in questo percorso alcune opere contemporanee realizzate da Euro Piancastelli ed esposte nel 2018 nella sua mostra intitolata “Dinamicità di movimento”.

Questa mostra vuole ripercorrere il tema del futurismo. Euro Piancastelli è appassionato di mezzi e i motori in movimento, con cui l’artista vuole trasmettere l’immagine di una vita in perenne movimento, che scorre velocemente. 



L'anglo-americano Eadweard Muybridge esegue la prima serie di fotografie di soggetti in movimento, riuscendo in tal modo a bloccarne e analizzarne le varie fasi e ponendo le basi per quelli che saranno i futuri sviluppi della cinematografia.



Fonti:

ilbuonsenso.net:
(https://www.ilbuonsenso.net/futurismo-euro-piancastelli/)

giovedì 9 aprile 2020


IL MOVIMENTO NELLE MACCHINE E NEI MEZZI DELL’ANTICHITA’

#step8

Fin dall’antichità diverse sono le macchine e i mezzi adottati dall’uomo per potersi muovere o per poter muovere oggetti o cose. In questa selezione ho scelto l’aratro, il cavallo e il mulino a vento.

L’ARATRO

Una delle prime macchine sviluppate dall’uomo fu l’aratro. Quando fu inventata l’agricoltura nel Neolitico, furono usati semplici bastoni o zappe per muovere la terra creando i solchi per collocare i semi nelle zone più fertili, come il bacino del Nilo.
Per favorire la crescita del frumento, nelle zone meno fertili il terreno doveva essere mosso e rivoltato per portare in superfici gli elementi nutritivi indispensabili per la crescita del raccolto.
L’addomesticamento dei buoi in Mesopotamia intorno al 6000 a.C. fornì un potente mezzo per trainare l’aratro.
La costruzione dei primi aratri era immediata: la macchina era composta da un pezzo di legno assai lungo, e curvato in modo che una parte si immergesse nella terra e l’altra servisse per accoppiare i buoi. Non erano ancora presenti le ruote, ma soltanto un manico con l’aiuto del quale il contadino poteva dirigerlo.




IL CAVALLO

Uno dei primi mezzi adottati dall’uomo per trainare macchinari e per muoversi da un posto a un altro fu il cavallo. Il cavallo domestico, l’equus caballus, discende da una razza selvatica proveniente dall’Asia, che immigrò in Europa circa 1 milione di anni fa.
La storica alleanza tra cavallo e uomo ha origine nell’età nel rame, intorno al 4000 a.C. Verso il 3000 a.C. i Sumeri addomesticano l’equus onager e lo impiegano per il traino dei carri, gli animali sono guidati con anelli fissati al naso e solo più tardi si utilizzerà il morso.
Il cavallo non trova un diffuso impiego nell’agricoltura e nei trasporti, ma subito si identifica come elemento strategico nell’arte militare. Prima il cavallo veniva aggiogato a una biga a due ruote, in un secondo momento il cavaliere monterà il destriero stringendolo con la pressione delle ginocchia. E’ solo nella terza fase che si raggiunge la perfetta integrazione: l’impiego delle staffe.




IL MULINO A VENTO

Il mulino a vento è un’altra importante macchina che ebbe origine in Persia verso il 3000 a.C. E’ una struttura costruita per sfruttare l’energia del vento e, attraverso l’utilizzo del movimento di pale, trasformarla in energia meccanica utilizzata per macinare cereali o altri materiali in ambito agricolo e artigianale.
Il mulino era costituito da un corpo in legno o in pietra la cui parte superiore ospitava il rotore a cui erano connesse le pale che venivano mosse dal vento, Il movimento rotatorio così generato veniva trasmesso alle macine.




Fonti:

Capitolo 1 di “Storia delle macchine”, Vittorio Marchis

Wikipedia:

domenica 5 aprile 2020


MUOVERE IN UN’OPERA POETICA

#step7

Pensando al verbo “muovere”, mi sembrava doveroso accennare all’opera: “Manifesto del Futurismo” perché racchiude in sé l’impeto del movimento e la sua centralità in questa corrente letteraria.

Nel “Manifesto del Futurismo”, scritto da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909, sono raccolti i pensieri, le convinzioni e le intenzioni dei Futuristi con uno stile impetuoso, eccessivo e dinamico, che si contrappone ai canoni tradizionali.
Si legge che: “Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno”, “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della vittoria di Samotracia.”

Marinetti, con la sua vitalità straordinaria, proclama la “violenza travolgente e incendiaria”, “il coraggio, l’audacia, la ribellione” contro “l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno”, perché “la poesia deve essere concepita come un violento assalto”.

Un poeta che ha collaborato con il movimento futurista per un periodo della sua carriera è stato Aldo Palazzeschi, che ha scritto la poesia “Movimento”, che è a tutti gli effetti l’essenza della composizione.

"Movimento" di Aldo Palazzeschi

Io vo... tu vai... si va...
Ma non chiedere dove
ti direbbero una bugia:
dove non si sa.
E è tanto bello quando uno va.
Io vo... tu vai... si va...
perché soltanto andare
in un mondo di ciechi
è la felicità.        

(da "Via delle cento stelle", 1971-1972)

Aldo Palazzeschi nella poesia Movimento, sintetizza, in pochi e scarni versi la condizione di chi si muove verso una meta evanescente, se non addirittura inesistente. Un bighellonare irrazionale e infantile che ha il carattere di un gioco esuberante che sottolinea l'equilibrio o (ancor meglio) il bilico tra Crepuscolarismo e Futurismo. Viene così giustificato il dinamismo quasi irrazionale del poeta che "va", come tutti ("si va..."), e che consiglia di "non chiedere dove" perché "dove non si sa", il "bello" è solo questo: "andare"; la meta non ha importanza e per giunta, si potrebbe ricevere in risposta una menzogna. In tono dissacrante conclude il componimento dicendo che in fondo tutti vanno "perché soltanto andare", solamente questo, attraverso "un mondo di ciechi", "è la felicità".

Fonti:
Wikipedia:
Gallito:

sabato 4 aprile 2020

MUOVERE IN UN TESTO DI LETTERATURA NARRATIVA

#step6

Ho scelto il romazno Note-Dame de Paris di Victor Higo perchè in diverse occasioni tratta della folla in movimento. All'inizio è una folla che freme euforica in attesa dei festeggiamenti durante i quali ci sarà la messa in scena di un'opera teatrale e l'elezione del papa dei matti.

"La piazza del Palazzo, gremita di folla, si presentava ai curiosi affacciati alle finestre come un mare nel quale cinque o sei strade, come altrettante foci di fiumi, rovesciavano ad ogni istante nuovi flutti di teste. Le onde di questa folla, alimentate continuamente, si scontravano contro gli spigoli delle case che sporgevano qua e là come altrettanti promontori, nel bacino irregolare della piazza. Al centro dell'alta facciata gotica del Palazzo, la grande scalinata, salita e discesa senza sosta da una doppia corrente che, dopo essersi spezzata sotto la scala di mezzo, si spandeva a larghe ondate sulle due rampe laterali, la grande scalinata, voglio dire, si rovesciava incessantemente nella piazza come una cascata in un lago. Le grida, le risate, lo stropiccio di quei mille piedi producevano un grande rumore e un gran frastuono. Ogni tanto questo frastuono e questo rumore raddoppiavano, la corrente che spingeva tutta quella folla verso la scalinata indietreggiava, si agitava, turbinava."

Dopo poco tempo assistiamo ad una grande folla di zingari che si ritrova davanti alla cattedrale per chiedere la grazia della zingara Esmeralda.

"Ci fu un movimento nell'ombra. L'immensa moltitudine sembrò disporsi in colonna. […] Accenderete le torce solo a Notre-Dame! In marcia!». Dieci minuti dopo i cavalieri della ronda fuggivano spaventati davanti a una lunga processione di uomini neri e silenziosi che scendeva in direzione del Pont-au-Change, attraverso le vie tortuose che sbucano in ogni senso dal massiccio quartiere delle Halles. Quella stessa notte Quasimodo non dormiva[…]
Ad un tratto, mentre Quasimodo scrutava la grande città, […] gli sembrò che la sagoma della banchina della Vecchia Pelletteria avesse qualcosa di singolare, che ci fosse un movimento in quel punto, che la linea del parapetto che si stagliava in nero sul biancore dell'acqua non fosse diritta e tranquilla come quella delle altre banchine, ma che fluttuasse alla vista come le onde di un fiume o come le teste di una folla in marcia. Ciò gli parve strano. Raddoppiò la sua attenzione. Il movimento sembrava andare verso la Città Vecchia. Per il resto, nessuna luce. Durò per un po' sul lungofiume, poi defluì gradualmente, come se quello che si stava muovendo entrasse all'interno dell'isola, poi cessò del tutto, e la linea della banchina divenne di nuovo diritta e immobile. Nel momento in cui Quasimodo si perdeva in congetture, gli sembrò che il movimento riapparisse sulla via del Sagrato che si prolunga nella Città Vecchia perpendicolarmente alla facciata di Notre-Dame. Finalmente, per quanto fitta fosse l'oscurità, vide una testa di colonna riversarsi da quella via, e in un attimo spargersi sulla piazza una folla di cui non si poteva distinguere niente nelle tenebre, se non che era una folla. Quello spettacolo era terrificante.
[…] e quella grande moltitudine […] si agitava e marciava così vicino a lui, gli faceva l'effetto di una schiera di morti, muta, impalpabile, immersa in un fumo. Gli sembrava di veder avanzare verso di lui una nebbia piena di uomini, di veder delle ombre agitarsi nell'ombra. […] La folla sembrava ingrossare ad ogni istante sul sagrato. Ma immaginò che dovesse fare solo pochissimo rumore, perché le finestre delle strade e della piazza rimanevano chiuse. Ad un tratto una luce brillò, e in un momento sette o otto torce accese cominciarono a muoversi sulle teste, facendo oscillare nell'ombra le loro lingue di fuoco. Quasimodo vide allora distintamente ribollire sul sagrato uno spaventoso gregge di uomini e di donne coperti di stracci, armati di falci, di picche, di roncole, di partigiane, dalle mille punte sfavillanti. Qua e là, neri forconi formavano delle corna a quei visi orrendi. Si ricordò vagamente di quella plebaglia, e credette di riconoscere tutte le teste che qualche mese prima l'avevano salutato papa dei matti. […] Intanto quello strano esercito fece certi movimenti come se si appostasse intorno alla chiesa. Quasimodo raccolse la sua lanterna e scese sulla piattaforma fra le torri per vedere più da vicino e riflettere ai mezzi di difesa."