domenica 5 aprile 2020


MUOVERE IN UN’OPERA POETICA

#step7

Pensando al verbo “muovere”, mi sembrava doveroso accennare all’opera: “Manifesto del Futurismo” perché racchiude in sé l’impeto del movimento e la sua centralità in questa corrente letteraria.

Nel “Manifesto del Futurismo”, scritto da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909, sono raccolti i pensieri, le convinzioni e le intenzioni dei Futuristi con uno stile impetuoso, eccessivo e dinamico, che si contrappone ai canoni tradizionali.
Si legge che: “Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno”, “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della vittoria di Samotracia.”

Marinetti, con la sua vitalità straordinaria, proclama la “violenza travolgente e incendiaria”, “il coraggio, l’audacia, la ribellione” contro “l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno”, perché “la poesia deve essere concepita come un violento assalto”.

Un poeta che ha collaborato con il movimento futurista per un periodo della sua carriera è stato Aldo Palazzeschi, che ha scritto la poesia “Movimento”, che è a tutti gli effetti l’essenza della composizione.

"Movimento" di Aldo Palazzeschi

Io vo... tu vai... si va...
Ma non chiedere dove
ti direbbero una bugia:
dove non si sa.
E è tanto bello quando uno va.
Io vo... tu vai... si va...
perché soltanto andare
in un mondo di ciechi
è la felicità.        

(da "Via delle cento stelle", 1971-1972)

Aldo Palazzeschi nella poesia Movimento, sintetizza, in pochi e scarni versi la condizione di chi si muove verso una meta evanescente, se non addirittura inesistente. Un bighellonare irrazionale e infantile che ha il carattere di un gioco esuberante che sottolinea l'equilibrio o (ancor meglio) il bilico tra Crepuscolarismo e Futurismo. Viene così giustificato il dinamismo quasi irrazionale del poeta che "va", come tutti ("si va..."), e che consiglia di "non chiedere dove" perché "dove non si sa", il "bello" è solo questo: "andare"; la meta non ha importanza e per giunta, si potrebbe ricevere in risposta una menzogna. In tono dissacrante conclude il componimento dicendo che in fondo tutti vanno "perché soltanto andare", solamente questo, attraverso "un mondo di ciechi", "è la felicità".

Fonti:
Wikipedia:
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